Miles Davis – So, What?
Accade oggi circa 60 anni fa, il 17 Agosto 1959 uno dei brani più importanti della storia jazz di sempre viene pubblicato. So What ? Direte voi.
Risposta giusta. Perché la più celebre composizione di Miles Davis, nonché prima traccia dell’album Kind of Blue, oltre ad essere riconosciuta dai più come la traccia fondante della storia del jazz modale, è un’espressione maleducata e malinconica, un modo irriverente che solo Miles (e pochi altri nella storia della musica) avrebbe potuto scegliere per rompere definitivamente con la concezione del jazz come strumento servile, d’intrattenimento, connotazione chic a cui la borghesia bianca attingeva per marcare in maniera alternativa la superiorità di classe nei confronti degli afroamericani. Con questo pezzo (e album del resto) e come se Miles Davis dicesse “no, adesso noi il jazz lo cambiamo, lo destrutturiamo, e diventiamo famosi per questo”.
Ed in effetti così fu, soltanto il successo e l’originalità di Ornette Coleman qualche mese più tardi, con The Shape of Jazz to Come (Novembre 1959) riuscì ad impensierire Davis sul fatto che la sua opera potesse essere stata superata per intenti e potenziale sperimentale. Certo, sicuramente prima di Coleman nessuno aveva suonato dei live con un sassofono di plastica e di sicuro nessuno era riuscito a convincere l’Atlantic Records a pubblicare un progetto jazz estromettendo lo strumento a corda per eccellenza : il pianoforte.
A differenza di Coleman, Davis il pianoforte l’aveva previsto eccome, nel suo famoso sestetto dell’epoca a suonarlo ci pensava un tale Bill Evans (aiutato da Wynton Kelly in Freddie Freeloader), e poi Julian “Cannonball” Adderley al sax contralto, un emergente ancora gestibile John Coltrane al sax tenore, Paul Chambers al contrabbasso e Jimmy Cobb alla batteria.
Oltre al suo genio inarrivabile Davis aveva una marcia in più, la capacità di circondarsi di musicisti in grado di capire la sua indole incontrollata a tuffarsi verso la sperimentazione, il suo linguaggio ermetico, fatto di poche parole, appunti, frasi spesso bofonchiate tra un tiro di sigaretta e l’altro.
Adesso basta però, questa non è una recensione su So What (a proposito l’intro di piano eseguito da Bill Evans era stato scritto da Gil Evans) o un’ammissione non richiesta e necessaria di come Kind of Blue sia stato effettivamente il primo album jazz che abbia mai ascoltato in totale indipendenza, non vi parlerò nemmeno del modo dorico, della struttura AABA (anche perché dovrei studiare musicologia per farlo e non ho tempo), volevo conquistare un piccolo spazio nell’etere, disturbare i vostri postumi da Ferragosto e ricordarvi dell’amico Miles Davis col più convenzionale degli slogan : in Jazz We Trust, almeno io.