Tellaro – Setback on the right track
Per parlare di uno tra i dischi più sottovalutati del rock indipendente italiano, siamo andati a scomodare proprio i tre che lo hanno concepito: i Tellaro.
Progetto formato dal trio Tazio, Carmelo e Francesco a Catania (ovvero Seattle, Sicily, per citare il titolo di un loro pezzo). Ciascuno di loro con diverse esperienze musicali alle spalle, tutte più o meno a vocazione post-rock (Twig Infection, Jerica’s, Keen Toy), insieme per provare a rovesciare le carte.
Quando nel 2005 esce il loro primo disco, hanno già sfornato un solo omonimo EP: 5 tracce tra indie-rock e indie-tronica, con tempi dispari quando serve. Setback On The Right Track è la consacrazione di una nuova via per la scena rock alternativa in Italia, e qualcuno se ne accorge visto che senza alcun clamore (siamo in tempi pre-social network) riescono a vincere il premio come Miglior Album d’Esordio al Meeting delle Etichette Indipendenti (MEI). Un disco che bilancia dei toni spesso in acustico a programmazioni elettroniche; le chitarre elettriche quando ci sono non graffiano più, sono state addomesticate.
Riprendiamo la formazione: Francesco Cantone (voce, chitarre, tastiere), Carmelo Sciuto (chitarre), Tazio Iacobacci (batteria, programmazioni elettroniche – o come la chiama lui stesso “elettronicaglia”). Vediamo che ricordi hanno di quel disco, e proviamo a riportare tutto on the right track, cioè all’oggi.
NFO: Setback… è e resta un album atipico nel panorama italiano: elettronica e indie rock mescolati in maniera davvero originale. Mi domando quali siano state le ispirazioni. Quali erano gli ascolti di quel periodo? Possiamo trovare influenze musicali dirette nel disco?
Carmelo: Non parlerei di influenze dirette, ascoltavamo diverse cose che influenzavano in qualche modo la nostra scrittura, ma non in maniera voluta. Esplorare nuove strade era stimolante. Avevamo l’abitudine di condividere tra di noi ciò che ci piaceva in quel momento. Penso a Pinback, Sparklehorse, Postal Service, Enon, Sufjan Stevens, Notwist e tanto altro…
NFO: Il disco esce su un’etichetta tedesca (2nd rec), come ci siete arrivati?
Francesco: È la stessa etichetta che aveva fatto uscire un disco dei Twig Infection di cui facevo parte. Quando hanno ascoltato i primi pezzi Tellaro, i ragazzi della 2nd rec decisero di produrre anche questo progetto.
Tazio: voglio dire… una band italiana che unisce acustico ed elettronica che si fa produrre da un’etichetta che vive nel regno dell’indietronica. Devo dire che sappiamo truffare bene.
NFO: Ci fu un breve tour (Italia ma anche Germania, se non erro): che ricordi ne avete?
Carmelo: In Germania suonammo qualche mese prima dell’uscita del disco. Ho un bel ricordo di quelle date, di spalla ai tedeschi Slut, band piuttosto nota da quelle parti. Non eravamo abituati a suonare ogni sera davanti a tanta gente con le date sold out. Invece fu gratificante notare l’attenzione del pubblico nei nostri confronti, nonostante non fossero lì per noi. Esperienza divertente.
Tazio: Sì, fu una bella esperienza. Ricordo bene l’impatto che avemmo con la precisione dell’organizzazione. Ricordo pure che ai tempi non c’erano ancora gli smartphones quindi, immaginando che ci saremmo scontrati con una certa efficienza teutonica, scaricai su un piccolo portatile un pacchetto di mappe stradali europee. Quello diventò il nostro navigatore portatile “offline” che in effetti ci salvò la vita, tant’è che il tour manager della superband alla quale aprivamo, un giorno ci chiese: “Ma come fate ad arrivare sempre puntuali, anzi spesso prima di noi?” Orgoglio siculo…
Francesco: Qualità degli impianti audio, tecnici che ti chiedevano se e quale fumo di scena utilizzare (?), catering da festa di laurea ogni giorno, le docce nei camerini, live alle 9 in punto, il ghiaccio a Rostock a meno 14°C.
NFO: Nel 2005 non c’era Instagram, Facebook era appena stato lanciato negli USA… insomma la situazione social non esisteva ancora. Per i millennials all’ascolto: come si gestiva una carriera artistica senza questi mezzi? O almeno come lo facevate voi? Com’è cambiata, a vostro modo di vedere, la situazione per un artista musicale con l’avvento dei social?
Carmelo: All’epoca l’etichetta ci dava una grossa mano, l’ufficio stampa ci consentiva di essere recensiti un po’ ovunque. E poi i concerti, il modo migliore per farsi ascoltare e vendere qualche CD. Io mi occupavo delle date italiane. Musicalmente quello era un periodo storico di transizione che segnava la fine dell’indie per come l’avevamo conosciuto e il passaggio verso una sorta di globalizzazione musicale che si traduce oggi in un appiattimento della proposta e della qualità in generale. Il web ha portato a un consumo veloce e superficiale della musica e questo ha spinto a produrre di più, omologarsi, spesso semplificando per rendere appetibile il proprio prodotto e guadagnare visualizzazioni. All’inizio mi piaceva la formula Myspace, sia per la fruizione della musica che per la connessione tra le persone, ancora lontano da litigiosità e politica. Poi è cambiato il mondo. E in questo mondo in cui conta di più la strategia da usare per esserci, noi siamo abbastanza delle capre del marketing, dissociati da meccanismi di auto-promozione, incapaci di sfruttare al meglio le potenzialità dei social, ma direi che ci piace così.
Francesco: I social nelle carriere musicali spesso aiutano a tirare fuori quanta parte di patologicamente narcisistico c’è in ogni artista. Questo si traduce nel quotidiano postare l’imperante ego, ri-postare cose di fan che celebrano il tuo ego, articoli su di te, foto di te, storie Instagram su di te, fino alla piena rappresentazione di una spirale egoica tra tragico e patetico. La pubblicità è l’anima del commercio, ma a volte fa cambiare canale. La regola resta: online non fare nulla che non farebbe De Gregori.
NFO: Non fate i modesti: la vittoria al MEI ve la aspettavate? Che effetto vi ha fatto?
Francesco: Ci siamo sciolti.
Tazio: Ovviamente non ce l’aspettavamo. Beh, ci ha fatto piacere senza ombra di dubbio, eravamo (e siamo rimasti) una band sconosciuta, o quasi, e dopo quell’episodio in effetti cominciammo ad essere un po’ più visibili. Ma essendo molto timidi, praticamente da quel momento in poi non suonammo più 🙂
NFO: A Setback… seguì un secondo disco (Jars, Jams & You), e più nulla. Che hanno fatto i Tellaro in questi anni, musicalmente parlando?
Carmelo: Io realizzo colonne sonore per TV e pubblicità, è la mia attività dal 2009… Nel frattempo ho scritto alcune canzoni, poi completate con Francesco e Tazio, essenzialmente per il piacere di tornare a fare musica insieme.
Tazio: Io ho continuato a produrre le mie cose spesso rimaste nei vari hard disk. Ho partecipato a diversi progetti di amici e conoscenti in veste di batterista o di manipolatore di elettronicaglia e continuo in maniera anonima a fare uscire robe sotto nomi improbabili. (Tazio Iacobacci su bandcamp).
Francesco: Ho suonato per qualche tempo in progetti di altri amici e ho scritto qualche canzone per conto mio. Con Carmelo e Tazio abbiamo raccolto pezzi composti in questo decennio di musica più o meno a distanza e li faremo uscire a breve. Il disco si chiama auguratamente “Fine”.
NFO: Wow che scoop! Lo ascolteremo di sicuro. Ma adesso, per finire e ringraziandovi ancora per il vostro tempo, vorrei chiedervi di scorrere con noi la tracklist e offrire qualche aneddoto su alcuni dei pezzi del disco, sulla loro genesi, sulla loro ispirazione o quello che oggi vi torna in mente in riferimento a quel pezzo…
- 1985
Carmelo: Casa, luci basse e qualche birra. Francesco si assenta un attimo e scrive di getto il suo testo su una perla di Tazio.
Tazio: Scrissi questa traccia intorno al 2002 e come al solito rimase nel mio pc per parecchio tempo. Eravamo nel pieno periodo dell’indietronica e così anche io provai a buttarmici dentro. Riascoltandola oggi, dopo parecchio tempo, devo dire che funziona ancora. - When I Died Alone
Francesco: La scrissi io, assieme al raccapricciante accordo di Do# diminuita del ritornello, roba brutta forte. - Terracotta
Carmelo: In fase di arrangiamento, fu alquanto macchinoso trovare una ritmica adeguata sui ritornelli.
Francesco: I violini finali fanno il verso a un pezzo di Britney Spears che andava in quei mesi.
Tazio: …e sono la cosa più bella del pezzo. Anche il giro di basso in effetti. Se non ricordo male riuscimmo a suonarla dal vivo in una o due occasioni al massimo e noi, essendo tutto tranne che ricchi e tecnologicamente preparati, la suonavamo quasi tipo karaoke, con la base registrata. Francesco cantava e suonava la chitarra, Carmelo faceva la linea di basso con un tastierino e io boh, forse doppiavo la batteria elettronica suonandoci sopra. Una roba esplosiva insomma. - 56.000 Rui
Carmelo: Io e Francesco in quel periodo ci vedevamo spesso a casa sua per lavorare a nuove idee. Di questo brano ricordo il momento in cui venne fuori improvvisamente il ritornello, come fosse già scritto prima. - Me Not The Reason To
Francesco: Partita come una canzone sull’auto-esplosione di un integralista religioso, è finita per essere quella che suonavamo per Elliott Smith. - I Miss Me
Carmelo: Un pezzo tirato fuori da un mio giro di accordi, direi sulla sufficienza, registrato anche male, ma che scopriamo poi essere uno dei più ascoltati del disco. Stupisce quanto la nostra percezione sia diversa da chi ascolta.
Tazio: Sì, è l’unico pezzo registrato in autonomia e si sente. Avevamo questa particolarissima tecnica di registrazione che consisteva nel piazzare dei microfoni e premere REC. E comunque ancora oggi non riesco a capire il perché della nostra mancata scalata nelle classifiche italiane e internazionali. Buh. - I Was 70% Water
Tazio: Un pezzo nato dalle mie esplorazioni ritmiche con i samples. Onestamente non pensavo potesse trasformarsi in una “canzone”, ma la cosa che mi è sempre piaciuta dei Tellaro è proprio questa.
Francesco: Il recitativo iniziale è un testo di tassonomia delle piante ritornato da Leuven con un nostro amico Erasmus. Non so, ci sembrò perfetto.
Carmelo: Mi ricordo la rinite allergica mentre registravo l’arpeggio di chitarra finale… gli starnuti poi li abbiamo tolti. - Urge In A Funeral
Tazio: Una vecchia drum machine, una chitarrina classica, una elettrica, piccoli synth sparsi, un whistle comprato in Scozia in un mercatino improbabile, Francesco canta, e voi fareste bene ad ascoltare questo pezzo in cuffia. - Kamer Te Hur
Carmelo: Forse il mio preferito dell’album, c’è dentro una tale profondità e quella intimità che è l’essenza dell’intero disco.
Francesco: Manca una u a Hur. Sempre stati scarsi in fiammingo e motivo per cui trasferirsi in Belgio. - Cyclop’s Helmet
Francesco: Un pezzo sul casco integrale di Polifemo.
Carmelo: Nasce da un giro di bicordi fatto insieme a Francesco, poi risuonato con un synth.
Tazio: Pezzo da non sottovalutare, perchè inaugura l’entrata in scena mia e di Carmelo come backing vocal singers nella scena dell’indie internazionale. Suona strano dire oggi “indie”. - 57.000
Tazio: La chiusa dell’album è in realtà una improvvisazione che facemmo io e Francesco con le chitarre classiche durante una pausa dalle sessioni di registrazioni di Setback. Giuseppe Barresi dietro al mixer registrò tutto. In fase di missaggio poi tagliammo un poco la coda, perché in effetti durava parecchio. Sono molto affezionato a questo pezzo, è uno scorcio di spontaneità catturato. Come guardare per un attimo dentro le cose.
Francesco: Durante le registrazioni un cane appena fuori il garage-studio guaì ripetutamente. Presagi.
Grandi!