Stormlord – Mare Nostrum
Non si può non voler bene agli Stormlord. Saper coniugare – in modo magistrale – il black sinfonico, il death melodico e il power metal come loro, è una cosa che sanno fare in pochi.
Se nel vostro cuore siete ancora dei sedicenni che, magari mentre siete a lavoro o state guidando, hanno voglia di un po’ di sano headbanging, ma con delle sonorità che non vi facciano sembrare dei pischelli (perché diciamocelo, i tempi in cui ascoltavate i Sonata Arctica sono ormai lontani), l’album di cui parliamo oggi fa decisamente al caso vostro.
Nella loro carriera musicale e nella loro produzione gli Stormlord hanno messo tutto ciò che può essere accostato alla parola “epico”. Ricordiamo la bellissima intro di The age of the dragon, interamente in latino, che ricordo perfettamente, anche a distanza di 20 anni. Fun fact: ho conosciuto la moglie (ai tempi promessa sposa) di Francesco Bucci, bassista presente sin dal primo disco, che mi ha videoregistrato mentre la recitavo a memoria inviandola a Bucci, con mio sommo gaudio. Ma questa è un’altra storia.
Di tutti e cinque i full-lenght (a brevissimo sei, è stato appena annunciato Far), Mare Nostrum, l’Album of the Week di oggi, rappresenta la summa della produzione dei nostri musicisti di origine romana.
46 minuti e 50 secondi di epicità e pomposità, che grazie anche alla non eccessiva violenza della parte black, rendono il disco molto orecchiabile anche a chi non è abituato a sound estremi, oltre che essere un chiaro rimando al loro precedente album, At The Gates Of Utopia, ricordando band come gli oltremodo famosi Dimmu Borgir.
Il disco si apre con la epicissima title-track, che sin da subito ci fa capire quale sarà il carattere di questo album, grazie alla presenza delle grandiose orchestrazioni e alla voce di Cristiano Borchi, accompagnato anche in questo caso, come già successo in The Gorgon Cult e Hesperia dalla voce lirica di Elisabetta Marchetti. Ci tengo a specificare che, credo, vestito di tutto punto arrivi a pesare 35-40 chilogrammi, ma come sempre dimostra una potenza canora nel suo alternare scream e growl che ogni volta mi dà i brividi, senza però rinunciare a citare Catone e la sua famosissima «Carthago delenda est». Gli altri musicisti non sono da meno, accompagnati in sottofondo dal batterista David Folchitto (che milita anche nei Prophilax e Fleshgod Apocalypse), tecnicamente mostruoso.
Per dimostrarci come possano coesistere diversi tipi di sonorità troviamo subito dopo gli inserti elettronici di Neon Karma e le maestose melodie di Legacy Of The Snake che profumano di oriente e in cui fanno la loro comparsa le note di un sitar.
La violenza (sempre contenuta, ricordiamolo) viene messa in standby quando The Castaway fa il suo ingresso con gli arpeggi di chitarra classica, tastiera e alternando i sussurri al clean (cantato senza alcuna distorsione). Gli Stormlord ci ridestano prepotentemente con le altre tracce; se dovessi fare un parallelismo con il precedente articolo sugli Agalloch e sul loro capolavoro Pale Folklore, e scegliere una traccia da far ascoltare a un ignaro passante che sconosca i nostri Capitolini, sceglierei sicuramente la trionfale traccia omonima, Stormlord dove è condensato lo spirito di questo full-lenght.
Amici di NFO, spalancate le vostre orecchie e fatevi inondare da questo album, sarà dolce naufragare in questo mare.