Amy Winehouse – Rehab
“They tried to made me go to rehab but I said no no no”
Ed è esattamente quello che Amy Winehouse disse al suo manager (e amico fin dai suoi 16 anni) che cercava disperatamente di convincerla ad entrare in una clinica per disintossicarsi. Amy, un’anima tormentata e incapace di volersi bene. L’unico suo modo per esprimersi? La musica, grazie a quella voce piena, profonda, ammaliante. Sin da piccola inizia a scrivere canzoni, perché non trova nulla alla radio che le piaccia. Ascolta tanto jazz e ama la scrittura di James Taylor e Carole King. A 16 anni fa parte della National Youth Jazz Orchestra di Londra dove inizia a cantare di fronte a un pubblico, e da lì parte tutto.
Viene notata subito questa ragazza di origine ebrea della North London con una voce della potenza di Billie Holiday. Dopo il suo album di debutto, Frank, dalle grandi sonorità jazz, scritto a quattro mani con Salaam Remi (già produttore di Nas), si trova in difficoltà perché il mercato le chiede altro, ma ad Amy non interessa la fama. Lei vuole semplicemente essere libera di scrivere le sue canzoni. Tutta la sua sofferenza e autodistruzione la travolgono ancora una volta dopo la fine di una tormentata storia d’amore. Nel dicembre del 2005 si rifugia a Miami, a casa di Salem; lì, trascriverà in musica ciò che lei chiama le sue “poesie”, non sono solo canzoni, c’è molto altro dentro: dolore, rabbia. Mark Ronson la comincia a produrre, portando con sé suoni Motown e R&B. Back to Black, il disco successivo, si allontana dalle sonorità del primo album, avvicinandosi allo stile soul per voce femminile degli anni cinquanta e sessanta. All’album partecipano la band americana Dap-Kings (consiglio vivamente di vederli, vi metterete subito ad agitare le mani in aria al ritmo dei loro balletti), non solo in studio ma anche in tour. Viene registrato a Brooklyn dove in una sola stanza si riuniscono voce e musicisti. L’effetto è straordinario. Rehab è qualcosa di nuovo, non si sente nessuno alla radio cantare con tale sfrontatezza e allo stesso tempo esprimere una grande fragilità. Era il 23 ottobre del 2006, solo cinque anni scarsi prima che Amy ci lasciasse, a soli 27 anni. E forse dovremmo ricordarla nel posto che amava di più, sul palco di un jazz club, quella voce tagliente, un whisky e cola in mano.