Namdose – S/T

 

Basteranno sei pezzi per sigillare l’unione tra due band e la nascita di un nuovo progetto musicale? I Namdose con questo primo EP sembrano proprio convincerci di sì. O comunque vogliamo proprio sperarlo.

Da quel che ci dicono, il progetto nasce dall’esperimento di far condividere il palco a due giovani band, in occasione di una delle serate della rassegna Les Nuits du Botanique del 2018:  la band bruxellese dei BRNS (leggasi ‘brains’) e il duo francese (fratello e sorella) dei Ropoporose. Il connubio “forzato” deve aver convinto tutti i membri di questa band ricomposta, almeno tanto da convincerli a fondersi in una e registrare questo omonimo mini-album di debutto, uscito nel 2019.

Entrambe le band hanno già un paio di dischi a proprio nome quando si incrociano su quel palco, e a dirla tutta si erano già incontrate qualche anno prima, ma in quel caso ne venne fuori uno split single. Quando nascono i Namdose, i BRNS sono forse un passo avanti quanto a maturità musicale, dopo il validissimo album Sugar High del 2017, dai tocchi quasi art-rock che possono far tornare in mente gli esordi dei compatrioti dEUS (si ascolti ad esempio il pezzo The Rumor) .

Con la fusione nei Namdose, ci spostano un po’ più verso i quartieri del indie-rock, con chitarre tutte in avanti a graffiare e sezione ritmica molto convincente in quanto doppia. Non c’è nessuna gerarchia, le due band sono assolutamente sullo stesso piano in tutti i pezzi, evitando di calpestarsi i piedi a vicenda, anzi ispirandosi l’un l’altra (come si appura dai video live che trovate su youtube come questo).

Deerhoof o i primi Blonde Redhead possono essere considerati come riferimenti per il genere di musica che ne viene fuori: tanta energia difficile da controllare, come il ritmo del pezzo che pare il disco, “All that you have”, uno sprint dai toni emo che avrebbe spopolato nei palinsesti delle radio dei college americani, se fosse uscita nella metà dei ’90.

Quando le chitarre si calmano, come in “Fast” o “You Can Dance”, è più facile apprezzare le scelte melodiche molto originali seguendo il tessuto che creano le tastiere. Le due voci si rimbalzano dolcemente la palla, sovrapponendosi solo per farsi da spalla reciprocamente e esaltarsi a vicenda.

Su “Fast” la band tira fuori delle intuizioni musicali che di recente abbiamo apprezzato in quelle band pronte ad innovare senza abbandonare le chitarre né la forma-canzone (più Wild Beasts, meno Alt-j); qui le linee di chitarra scivolano e finiscono per schivare i battiti del loop alla tastiera, tra lo psichedelico e il dancereccio. Ancora le voci ad incrocio per uno dei pezzi più riusciti tra questi sei.

Segue il singolo “Woe” (qui il video) quando non abbiamo ancora fatto in tempo a riposarci un attimo che di nuovo tocca mettersi a correre, in fuga verso ovunque le chitarre accelerate ci vogliano portare.

In tutti i pezzi sembra chiaro come le due band si mettano l’una al servizio dell’altra, tirando fuori una collezione di pezzi che promettono molto bene per le evoluzioni future del progetto.

 

 

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