EELS – Beautiful Freak

La novocaina è uno degli anestetici più potenti.

Fa perdere la sensibilità, e non è una ricerca casuale nel caso degli Eels. Troppa sensibilità spesso significa troppo dolore. E così, la novocaina può aiutare. Un amore, una droga, un’idea: Life is hard / and so am I / you’d better give me something / so I don’t die. Attacca così Novocaine for the soul, il pezzo di apertura di Beautiful freak, l’album di debutto della band americana

La musica è sempre stata la valvola di sfogo di Mark Oliver Everett, in arte Mr E, da quando, a sei anni, convinse la madre a comprargli una batteria a un mercatino. Già prima di pubblicare con gli Eels, Mr E aveva all’attivo due album da solista (A man called E del 1992 e Broken toy shop del 1993) ma è con gli Eels che la sua musica trova una nuova dimensione.

Stupendo strano, fricchettone, emarginato.

Ci sono molti modi per tradurre freak, ma forse il senso che la bambina aliena della copertina trasmette è di unicità, alienazione e introversione. Beautiful freak celebra i perdenti, quelli che non entrano nella guest list delle beautiful people, o quelli al di là della casa della signora Susan, in Susan’s house, dove c’è una vecchia signora che spacca bottiglie sul marciapiede davanti a quello che resta della sua casa bruciata. Questo è il pezzo più affascinante del disco, in cui si dipana una vera propria storia mentre Everett sembra camminare e osservare quello che succede over Susan’s house. Avevo circa dieci anni quando mio fratello era appena entrato in possesso di quella preziosa musicassetta piratata.

La storia della crazy old woman si spargeva dallo stereo Aiwa al resto della casa con gioia.

I rintocchi della batteria e del contrabbasso aumentavano la tensione, sciolta poi dal pianoforte che anticipava il ritornello. Mr E aveva una sorella che amava tantissimo, si chiamava Elizabeth. Era strana, introversa, un po’ come tutti in casa Everett. Il padre di Everett era un fisico, ideatore della “teoria dei molti mondi” di fisica quantistica. Mark aveva assorbito da Elizabeth l’amore per la musica. Se la presenza di Elizabeth è evidente sin dalla copertina di Beautiful freak , non lo è nella canzone che dà il nome all’album: la stupenda strana amata da  Mr E in realtà è Susan, la sua ragazza del tempo. Some people say / You have a problem / But that problem / Lies only with them / And that is why /I love you beautiful freak.

Per amare i freak bisogna capirli e quindi essere un po’ freak.

Quello che molti ignorano, forse, è che tutti conteniamo un potenziale freak, che può sbucare dalle canzoni come nel caso degli Eels.

1996. Elizabeth decide di andarsene per sempre. Poco dopo l’uscita di  Beautiful freak, la sorella di Everett si suicida, aprendo la strada all’album fondamentale degli Eels: Electro-shock blues, che uscirà l’anno successivo e dedicato all’elaborazione del lutto e del dolore. Le sonorità morbide e lievi di Beautiful freak accompagneranno la band americana fino all’uscita di Souljacker, l’album della maturità. La traccia del primo album resterà però indelebile. Si troveranno pezzi della “stupenda strana” in quasi tutti i lavori successivi: Efil’s god, Daisies of the galaxy, Fresh feeling, Numbered days, I’m going stop pretending that I didn’t break your heart. Suoni di xilofoni, batterie solenni, note tristi come quelle di una banda musicale nel pieno del calore estivo. Ecco perché Mark Oliver Everett ha compiuto qualcosa di straordinario con Beautiful freak: ha ottenuto la licenza di essere triste e complicato, senza struggimento.

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