Dillon – This Silence Kills
This Silence Kills, album di debutto della cantautrice e pianista brasiliana Dominique Dillon de Byington – in arte semplicemente Dillon – rientra in quella categoria di dischi che riescono a conquistare subito la critica ma, inspiegabilmente, non il pubblico.
Dillon nasce in Brasile ma cresce e vive in Germania. Dopo aver pubblicato le prime canzoni a 19 anni, nel 2011 arriva l’esordio discografico con This Silence Kills, pubblicato con la BPitch Control (etichetta discografica techno-elettronica tedesca). L’album contiene 12 tracce, il filo conduttore è l’uso dell’elettronica sempre ben misurato e per niente preponderante che avvolge le melodie al piano. Ci troviamo infatti di fronte a un disco pop interessante e variegato.
I testi di Dillon sono preziosi, eccentrici e talvolta inquietanti. Le melodie sono contraddistinte da toni accattivanti e familiari e risuonano magnificamente nel palcoscenico cristallino dell’album. La sua voce è un’interessante mescolanza di incrinato e infantile, possiamo immaginarla come una fusione tra Regina Spektor, Joanna Newsom e un pizzico di Kate Bush. Le influenze musicali di artiste simili come Lykke Li e Björk sono evidenti. Questo è un album che va ascoltato in quei momenti in cui abbiamo bisogno di quella gioia malinconica che ha la potenza di consolarci dal dolore senza ipocrisie e falso ottimismo.
Dillon racconta sé stessa, è strana, distrutta, il suo dolore è straziante e non ha paura di raccontarcelo, la sua capacità comunicativa è sorprendente, degna di ammirazione e rispetto.
All’interno del disco troviamo alcune tracce, forse meno incisive, che sembrano servire da collegamento fra i pezzi più potenti dell’album, quali You are my Winter, The Texture of my Blood, Your Flesh against Mine e Thirteen Thirty-five. Proprio quest’ultimo è il brano più conosciuto e apprezzato dal pubblico. Il testo di Thirteen Thirty-five è una dedica al figlio mai nato della cantante. You’d be thirteen, I’d be thirty-five / Gone to find a place for us to hide / Be together but alone / As the need for it has grown. Così Dillon ci mostra tutta la sua fragilità e il suo grande coraggio allo stesso tempo. La melodia invece è quella di Pocketful of Money dello svedese Jens Lekman.
La title-track che apre il disco e Abrupt Clarity, la traccia conclusiva, sono progetti digitali che mostrano atmosfere elettroniche, quasi techno, in linea con la produzione dell’etichetta discografica – proprio qui il riferimento a Björk è lampante.
Ma è quello che c’è di mezzo che affascina di più: This Silence Kills non va in una direzione ben precisa ma sembra che questa sia una scelta accuratamente studiata che rende l’album ricco di sfaccettature emotive e musicali. Con la sua voce intensa e delicata e l’equilibrato mix tra pop ed elettronica, Dillon ci dimostra che si può parlare forte senza far rumore e ci ricorda che questo silenzio uccide ma la musica ci può salvare.