Franco Battiato – Povera Patria
Spesso confuso come un attacco alla classe politica italiana, in questi tempi di antipolitica e qualunquismo Povera Patria ha in realtà anche un significato più profondo e universale.
Era il 1991 quando negli Abbey Road Studios di Londra Franco Battiato registrava Povera Patria, rilasciato l’8 novembre dello stesso anno. A un primo ascolto, sembra quasi una profezia che precede tangentopoli e l’epoca delle stragi:
Tra i governanti quanti perfetti e inutili buffoni
Questo paese è devastato dal dolore
Ma non vi danno un po’ di dispiacere
Quei corpi in terra senza più calore?
Povera Patria infiammava ai concerti, tanto che Battiato fu costretto a ritirarla dal proprio repertorio. Ironicamente, era diventata un inno contro quel sistema corrotto proprio per quel popolo che ne era la sua perfetta rappresentazione. In quell’ambiente hanno infatti facilmente prosperato la nostra ignoranza, la superficialità e l’indifferenza. E anche, forse, la ricorrente incapacità a emanciparci dalla figura di un padre autoritario, che come Crono divora i propri figli.
Dovendo riassumere con una battuta la storia italiana dal dopoguerra a quel momento, dovremmo ricordare: gli anni Cinquanta caratterizzati dal sudore e dalla creatività italiana; i Sessanta del boom economico; i Settanta dell’illusione di solidità durante gli anni di piombo; gli Ottanta con rassicuranti tette e culi in tv. E poi gli anni Novanta, del brusco risveglio. Sotto il tappeto avevamo nascosto le ombre sulle stragi, sulle grandi opere e sugli interventi militari; complotti, inganni, abusi, interessi privati, legami con associazioni criminali e associazioni segrete.
Battiato aveva fugacemente accennato il tema pochi anni prima con l’invettiva di Zai Saman (Fisiognomica, 1988). Suonava come un tributo all’amico Giovanni Lindo Ferretti, che con i CCCP aveva da poco pubblicato Socialismo e barbarie.
Vuoto di senso crolla l’Occidente
soffocherà per ingordigia
e assurda sete di potere
e dall’Oriente orde di fanatici
Incomincia ad emergere il senso universale di Povera Patria, se si pensa che tradotta in spagnolo ha avuto un grande successo nei paesi del Sud America. Forse tradotta in portoghese lo avrebbe oggi in Brasile. Quello di Battiato è un ultimo grido di speranza, forse solo più disperato dell’Imagine di John Lennon.
L’opera di Battiato riesce a mantenere lo stesso valore, indifferente allo spazio e al tempo. Se può sembrare distante nel passato la fine della Prima Repubblica, bisogna chiedersi se l’indifferenza per quei corpi in terra senza più calore non è la stessa per quei corpi in mare di questi anni.
La primavera, infatti, non è mai arrivata.