Nosaj Thing – Drift
Da un po’ di anni ormai, c’è una vibrante scena di musica elettronica che ha saputo inglobare le espressioni più ricercate del genere, evolutesi negli anni nel vecchio continente, portandole al sole della California. Fa parte integrante di questa scena il progetto Nosaj Thing, incarnazione musicale di Jason Chung, produttore americano basato a LA.
Possiamo distinguere due tipologie di electronic performers. Da un lato ci sono quelli che sul palco sono passivi, piegati scomodamente in avanti sulle loro console, protetti dalle loro trincee di cavi e piatti; le performance necessitano quindi di visuals per distrarre l’attenzione sulla loro figura intenta a rigenerare quei suoni digitali. Poi ci sono quelli il cui corpo sembra quasi un’appendice alla loro strumentazione tecnologica: Nosaj Thing (da pronunciarsi “no such thing”) fa parte di questa seconda categoria.
La sua musica è certamente composta attraverso la pressione di tasti su apparati sempre più tecnologici e potenti, ma è il corpo a gestirne il tempo e farne confluire il ritmo. La cosa si può verificare facilmente andando a cercare dei video dei suoi live su youtube (come questo). I visuals ci sono anche per Nosaj Thing ma è difficile non restare ipnotizzati dalle sue convulsioni di fronte ai pad elettronici su cui scorrono le sue dita a tutta velocità.
Drift è il suo primo disco, uscito nel 2009: un album di elettronica strumentale che funzionerebbe bene come colonna sonora di videogiochi o di film di fantascienza: 35 fitti minuti di basi al limite dell’hip hop fatte di glitch e altri tocchi minimali, che creano un sound che si nutre di tenebre digitali.
E se spesso questo genere di musica finisce per essere un banale esercizio di sovrapposizioni di strati, con variazioni su un tema, la bravura di Nosaj Thing è di evitare che tutto suoni troppo semplice, riuscendo allo stesso tempo a non complicare la vita a chi è solo all’ascolto e non necessariamente può o vuole cogliere tutti gli ingredienti che compongono la musica che ascolta.
C’è un feeling organico nella musica in Drift, come se fosse densa nonostante sia costituita di semplici mattoncini digitali processati: chi la ascolta la direbbe quasi palpabile. Diversi pezzi sono degni di essere sottolineati: “Fog” è un viaggio tra labirinti di beat e sample, sussurri campionati come tessuto su cui una lingua melodica si snoda tirandoci dentro, sempre più in fondo.
“IOIO” richiama certe scappatelle elettroniche presenti nei dischi dei Tortoise o una versione melodica di qualche brano dei Mouse on Mars: pattern di synth convoluti si intrecciano e si richiamano, evolvono per poi sfociare in un mare calmo di battiti e synth.
Bravissimo a nascondere i giochi di stratificazioni con cui si compone spesso questo genere di musica, Nosaj Thing manipola campioni e beat per creare vibrazioni, scenari fino a renderli quasi in 3D nella mente di chi sta ascoltando.