Karate – 595

I Karate sono un trio chitarra-basso-batteria di ragazzi americani che verso la fine anni ’90 arrivò a fare lunghi tour in Italia, andando ben oltre le tappe obbligate (Milano, Bologna, Roma…). Si esibivano spesso in piccolissimi locali di provincia, anche se significava suonare davanti ad una cinquantina di spettatori, e dove i concerti non iniziavano mai molto prima di mezzanotte.

Attivissimi nella scena indie (negli anni in cui proprio il termine stesso si stava definendo), la loro musica si può etichettare come un jazz-blues moderno, composto e suonato da tre musicisti virtuosi e arricchita dai testi emo del leader e chitarrista Geoff Farina.

595 è un disco live registrato nel 2003 durante la loro performance allo STUK di Lovanio, in Belgio: la loro registrazione live preferita e che corrisponde al loro cinquecentonovantacinquesimo concerto. La band chiuse i battenti nel 2005, e questo disco fu pubblicato “postumo” nel 2007.

Questo disco riproduce perfettamente l’esperienza di vederli dal vivo: c’è una compattezza nel suono che si trascina da un pezzo all’altro, ripercorrendo la lunga carriera della band di Boston. Le trame dei tre strumenti si stringono e allargano organicamente, sostenendo le evoluzioni dell’uno e dell’altro: dagli assoli di Farina alle progressioni della sezione ritmica, tutto è saldamente legato.

Se uno volesse ritrovare la frustrazione tipica della vita nelle città di provincia in cui suonavano, basta il testo di “Airport”: “I wish my town had an airport/In 15 minutes we’d be at my door/Use the time for a walk and some wine/But these days I’m trying not to think about time”: e come non possono risuonare questi versi alle orecchie dei diciotto-ventenni che vivevano lontani dalle grandi città, in una ormai lontana epoca senza voli low-cost.

Nel testo di “There Are Ghosts” troviamo altri spunti, quasi poetici, con descrizioni di piccoli dettagli domestici:quando il silenzio è tale che si sente chiaramente il ronzio del frigorifero, o quel “famoso” suono della neve sotto i propri piedi. Bisogna tendere l’orecchio e prestare attenzione ai dettagli per sentire la presenza dei fantasmi, degli spiriti nelle nostre vite.

Tra un pezzo e l’altro, tra gli applausi degli spettatori, Farina ringrazia timidamente. “The roots and the ruins” e “Sever”, tra i pezzi più uptempo del loro catalogo, ed entrambi parlano di legami e scissioni degli stessi. “Your eyes, they made lies true/Say anything and I would believe you/But there were demons, maybe more than a few/So what could we do?”, canta Farina in “Sever”. E in “The roots and the ruins”: “That’s when I know I owe this to you/As autumn owes the trees/With their roots still strong/From the ruins of the same seed”: rovine, resti del passato e radici non sono alla fine la stessa cosa? Le rovine spesso sepolte come le radici, e sopra loro nasce sempre qualcosa di nuovo.

595 è il più bel commiato che la band poteva regalare ai fan, numerosi e fedelissimi, ma anche uno splendido punto di incontro per chi non conosce i Karate. Otto brani che ripercorrono la carriera di dieci anni (1995-2005) di uno dei progetti più sottostimati degli anni d’oro di un certo indie rock. Geoff Farina non resterà fermo, e continuerà a produrre musica con progetti come Glorytellers, Secret Stars e anche a proprio nome, e a coltivare legami con l’Italia in modi diversi tra cui come membro degli Ardecore (e se siete curiosi vi rimando ad una puntata di Strano podcast in cui Farina stesso spiega i suoi legami con la penisola).

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Una risposta

  1. Sebastiano ha detto:

    <3 il mio gruppo preferito! il batterista ha poi suonato con gli E un progetto di Thalia Zedek <3

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